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MODI DI DIRE |
TRADUZIONE |
SPIEGAZIONE |
1- |
“A l’Ascensiêne li cille manghe l’ove arecapevodde”. |
All’Ascensione gli uccelli neanche l’uovo capovolgono. |
Ai cristiani, nei giorni festivi, non è consentito fare lavori servili. Anche l’Ascensione è un giorno festivo e, per ricordare che non bisogna lavorare, il detto assicura che, in tale giorno, non lavorano neanche gli uccelli.
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2- |
“A la prem’acque d’ahêste lu povere da lu rècche s’arechenêsce”. |
Alla prima pioggia di agosto il povero e il ricco si riconoscono. |
Si tratta di fare una semplice constatazione che, specialmente una volta, era molto evidente: con i primi freddi, il ricco, avendo più possibilità, comincia ad indossare qualche abito più pesante di cui forse il più povero è sprovvisto.
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3- |
“Acque e foche nen trova loche”. |
Acqua e fuoco non trovano luogo. |
L’acqua e il fuoco sono inesorabili nella loro marcia verso la distruzione. Perciò è inutile frapporre ostacoli perchè, presto o tardi saranno superati.
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4- |
“Apre l’ucchie e spannele, cà nen hé callare che se arecagne”. |
Apri l’occhio e informati perchè non è una pentola che si può cambiare. |
E’ una esortazione che si rivolgeva ad uno che si apprestava a sposarsi, quando il matrimonio era considerato ancora come una cosa seria. Nel detto “spanne” si presuppone un sottinteso che dovrebbe essere “la voce”, cioè infòrmati. Il vero significato del verbo in questione è “spandere, esporre”; così si diceva, ad esempio degli ambulanti che espongono la loro merce nelle fiere e nei mercati: “ha spase..” vuol dire ha esposto, ha mostrato la merce. Il verbo si usava anche come sostantivo per indicare la merce o altre cose esposte: “ha fatte la spase” cioè ha esposto tutta la mercanzia. In breve, il detto è il seguente: “sii guardingo se ti vuoi sposare perchè il matrimonio non si può ripetere una seconda volta”.
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5- |
“Bon viagge e longa strate, ogne passe nà cascate”. |
Buon viaggio e lunga strada, ogni passo una caduta. |
E’ un detto che comincia con un buon augurio e finisce invece diversamente. Molte volte la seconda parte veniva pronunciata sottovoce perchè colui che riceveva l’augurio non sentisse poi il resto.
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6- |
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Intraducibile!!! |
Una volta, per riscaldarsi, occorreva la legna da ardere e c’erano degli spaccalegna che pensavano alla bisogna. Quando lo spaccalegna era particolarmente bravo, ad ogni colpo di accetta, si otteneva dal tronco un pezzo di legno che veniva chiamato “la stella”. Perciò: tanti colpi, tanti pezzi di legna “stelle”. Il detto si potrebbe tradurre: ad ogni azione il suo successo.
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7- |
“Cambe c’arecurde”. |
Vivi che ricorderai. |
Se uno vive assisterà a tanti avvenimenti che poi avrà modo di ricordare, se uno invece muore si troncherà tutta la sua esperienza. L’invito a vivere è perciò anche un invito a poter ricordare.
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8- |
“Carnavale pè tê, quarêseme pè l’ijddre”. |
Carnevale per te, quaresima per gli altri. |
Molte volte c’è chi invita alla morigeratezza, e lui non è morigerato, invita all’austerità, quando lui gavazza nello spreco. Non poche volte è il modo di comportarsi dei politici che, mentre vogliono abbassare le paghe degli altri, invocando la ristrettezza, loro invece si aumentano le proprie.
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9- |
“Carnavale valénte valénte, huije la carne dumane la lénte”. |
Carnevale valente valente, oggi la carne domani la lenticchia. |
L’ultimo giorno di carnevale precede immediatamente il mercoledì delle ceneri con cui inizia la Quaresima. Perciò, il giorno di carnevale si mangia la carne, il giorno dopo la lenticchia perchè la Chiesa impone l’astensione dalle carni.
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10- |
“Ce fusse tanta puste ‘n Paradèse!”. |
Ci fosse tanto posto in Paradiso! |
Il Paradiso forse è l’unico posto in cui si starebbe volentieri anche se stretti. Si è soliti esprimersi in questo modo quando ci si trova dinanzi a chi si lamenta di non trovare mai posto da nessuna parte.
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11- |
“Ce vò ‘cchiê na spose a visterse che nu tempe a mutirse”. |
Ci vuole più una sposa a vestirsi che il tempo a cambiarsi. |
E’ un detto che può essere definito “lapalissiano”, tanto è evidente nei suoi dettagli. E’ quanto mai risaputo che la sposa impiega parecchio per vestirsi. Essa non è mai sola con la sarta per compiere la cerimonia della vestizione ed allora tutte le presenti hanno da dire qualcosa per rettificare, abbellire e complicare quei momenti che sono, indubbiamente, pieni di emozioni. E’ altrettanto vero che il tempo si muta in un baleno. Da un cielo sereno e senza nubi, si passa ad un cielo imbronciato e pieno di minacce. Specie in montagna ci si può ritrovare, da un momento all’altro, con una situazione che può essere anche particolarmente pericolosa.
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12- |
“Chije vò Ddèije se lu preghe”. |
Chi vuole Dio se lo preghi. |
Quando abbiamo qualche problema e cerchiamo di rivolgerci a qualcuno, inizialmente troviamo qualche appoggio, ma poi l'interesse si interrompe. Allora viene proprio spontaneo di dirsi: se hai bisogno di qualche cosa cerca di risolvertela da te.
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13- |
“Come lu casce sopra li maccaréne”. |
Come il formaggio sopra i maccheroni. |
E' risaputo che il formaggio è un ingrediente che va molto d'accordo con un piatto di pastasciutta. Quando, perciò, una circostanza cadeva a proposito, si usava il detto per dimostrare l'adeguatezza del fatto riscontrato.
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14- |
“Crêce de vacche ‘nge attacche”. |
Intraducibile. |
E’ una di quelle poche espressioni di cui non si conosce il preciso significato letterale per cui non si sa proprio come renderla in lingua italiana. Si usava, specialmente tra ragazzi, quando si voleva fare una specie di giuramento.
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15- |
“Curnête e mazziàte”. |
Cornuto e bastonato. |
Il detto non si riferisce soltanto al caso specifico enunciato, ma a tutte le volte che una persona ha fatto una cosa che gli è costata non poco e, ciononostante, è stata male ricompensata.
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16- |
“Ddèije prème le fa e dapù l’accumbagne”. |
Dio prima li fa e dopo li mette assieme. |
Questa frase si usa dire quando si incontrano due persone, meglio se marito e moglie, che vanno d’accordo fino al punto di avere gli stessi difetti. Questo incontro non lo si considera soltanto voluto, ma anche predestinato.
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17- |
“Dova spête ijè facce na fènde”. |
Dove sputo io, faccio sgorgare una fontana. |
E’ l’espressione di uno sbruffone il quale esalta immodicamente le sue possibilità: dal poco riesco a trarre molto. A questo detto fa riscontro l’altro che veniva pronunciato da un interlocutore dello sbruffone e che suona così: “Cale, cale – cala, cala”.
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18- |
“E’ colpe de la gatte se la patrêne è matte?”. |
E’ colpa del gatto se la padrona è matta? |
E’ un modo di dire per affermare che i cosiddetti colpi di testa, sono imputabili alla persona che li compie e non ad altri. E’ facile accusare e rimbalzare agli altri le manchevolezze che sono soltanto nostre.
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19- |
“Fà da matte pè nen pagà lu ‘ddazie”. |
Fa finta per non pagare il dazio. |
Il dazio era una gabella comunale che, credo, non sia più in atto almeno sotto questo nome. Si pagava su alcuni generi alimentari che erano in vendita. Si usava dire questa frase a chi faceva il finto tonto e dichiarava di non saper nulla in merito a cose che certamente conosceva e di cui, forse, non voleva prendersi responsabilità.
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20- |
“Fenète la féste, gabbate lu Sante”. |
Finita la festa, gabbato il Santo. |
Facendo festa ai Santi, si concepiscono anche dei buoni propositi, per cui si promette di essere più buoni e di comportarsi meglio nella vita. Passato quel momento, però, i buoni propositi scompaiono e si riprende il solito tran tran. Un poco come i marinai con le loro promesse al momento del naufragio che non vengono mantenute quando torna la bonaccia.
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21- |
“Frine, pedàle e cale”. |
Frena, pedala e scendi. |
Detto senza significato che si rivolgeva a qualcuno che presumeva di sè e lo si sfotteva scherzosamente.
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22- |
“Guàrdete da li signàte da ‘Ddèije”. |
Guardati dai segnati da Dio. |
I segnati da Dio sarebbero quelli che nascono con un difetto fisico, essi sarebbero stati segnati con un segno particolare al momento della nascita. Queste persone, secondo la credenza popolare, sarebbero pericolose perchè forse invidiose dello stato di perfezione degli altri.
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23- |
“Ha fatte la ijète de lu corve”. |
Ha fatto l'andata del corvo. |
Come il corvo, di cui ci parla la Bibbia nel racconto del diluvio, fu liberato da Noè dall'arca e non vi fece più ritorno, così, nel detto, si dice di colui che, essendo stato inviato a fare una faccenda, non è più tornato e non ha dato più notizie di sè.
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24- |
“Ha ijète a fà la térre pe lì cèce”. |
E’ andato a preparare la terra per i ceci (è morto). |
E’ un concetto pagano della morte che non tiene conto dell’immortalità dell’anima. Chi muore si corrompe nel corpo, ma sopravvive nello spirito. Anche il corpo però deve essere rispettato perché è stato albergo dell’anima e risusciterà alla fine dei tempi.
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25- |
“Ha pahére e ‘nge crète”. |
Ha paura e non ci crede. |
Molte persone hanno paura di tante cose, ma il loro comportamento fa pensare che non ci credono troppo. Si ha paura delle conseguenze del fumo, eppure si fuma. Anche il mangiar troppo fa male, eppure si mangia a crepapelle. Sembra sia fatale che certi convincimenti vengano attuati quando ormai è troppo tardi.
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26- |
“Hatre de tre ‘bbellêzze adorne: nébbie, cambane e corne”. |
Atri è adorna di tre bellezze: nebbia, campane e corna. |
Le campane di Atri sono rinomate da sempre in tutte le parti del mondo. Della nebbia parleremo più avanti ed è un fatto assodato anche questo, non riesco a capire la questione delle corna che, purtroppo, non sono una prerogativa di Atri, bensì ramificano incontrastate un pò ovunque.
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27- |
“Hij menéte a ‘remurè li cannêle”. |
Sei venuto a spegnere le candele. |
E’ risaputo che prima di iniziare una cerimonia religiosa si accendono le candele e si spengono invece alla fine. Se uno arriva in ritardo ad una qualsiasi manifestazione o appuntamento, può essere giustamente apostrofato con questo proverbio.
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28- |
“Ijà ‘ndrate lu pêgge dentre a la rêcchie”. |
Gli è entrata la pulce nell’orecchio. |
Alle volte può succedere che uno si incattivisca o si renda più furbo del necessario. Una pulce nell’orecchio provocherebbe un’eccitazione rilevante. La stessa cosa può succedere per chi, all’improvviso, scopre delle cose a cui non aveva mai pensato.
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29- |
“La corse dell'asene dure poche”. |
La corsa dell'asino dura poco. |
A ciascuno il suo e secondo le proprie possibilità, questa è la morale del detto. L'asino è resistente ma non scattante, per cui non gli si può chiedere una prestazione di cui non è capace. Così è anche per le persone: se uno non ha tante possibilità, non si può pretendere la lui l'impossibile.
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30- |
“La curène porte lu fiasche arréte a li rène”. |
Il garbino porta il fiasco dietro le reni. |
Il garbino è un vento caldo che spira da sud. Ora, siccome è risaputo che dopo il vento caldo viene la pioggia, il detto ci dice che il vento caldo porta il fiasco dell’acqua dietro la schiena.
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31- |
“La fêmmena ‘bbaffête ha simbre piacête”. |
La donna baffuta è sempre piaciuta. |
E’ una espressione universalmente conosciuta e il motivo di tale compiacimento per una donna fornita di baffi dovrebbe essere studiato più a fondo. Forse perchè la peluria accentuata è segno di forza e di vigoria.
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32- |
“L’harte de Macalasse: magne bève e va a spasse”. |
L’arte di Macalasso: mangia beve e va a spasso. |
“Macalasso” doveva essere qualche riccone dei tempi andati il quale si poteva permettere il lusso di fare la bella vita. Si è continuato a dire questo detto nei riguardi di tutti i fannulloni i quali, forse non avendo le possibilità di Macalasso, ne seguono però i comportamenti.
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33- |
“L’harte s’ammale ma ‘nze more”. |
L’arte si ammala ma non muore. |
E’ un detto molto vero perché, in realtà, se uno è un vero artista, può avere dei momenti di rilassamento o di stasi, ma l’arte tornerà a rifulgere e a rivelarsi in tutto il suo rigoglio. L’arte, perciò, se c’è, non scompare mai.
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34- |
“Li schijrne nasce all’horte”. |
Gli scherni nascono nell’orto. |
“Li schijrne”sono qualcosa di più e un pò anche di diverso, dagli “scherni” della lingua italiana. In particolare, sono le meraviglie che noi ci facciamo, e quindi il conseguente biasimo, per certi atteggiamenti e per certi modi di fare della gente. Il monito del detto è il seguente: guardati dal biasimare i comportamenti anche sbagliati degli altri perchè te li potresti ritrovare tra i piedi ed essere tu stesso biasimato dagli altri per le stesse cose.
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35- |
“Li sulde fa ijè l'acque annammênte e annabballe”. |
I soldi fanno andare l'acqua in su e in giù. |
E' legge di natura che l'acqua scorra verso il mare, ma, per farla scorrere in senso contrario ci vogliono dei mezzi artificiali che lo consentano e questi mezzi costano. Il modo di dire ci vuol far capire che con il denaro si può fare qualunque cosa.
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36- |
“Lu cercà è vicène a lu pijì”. |
Il chiedere è vicino al prendere. |
Chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto, diceva Gesù. Se uno non notifica le sue necessità a chi può soddisfarle, non sarà mai accontentato.
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37- |
“Lu ferrare se ‘nde pò têgne te coce”. |
Il fabbro se non ti può tingere, ti scotta. |
Quando si ha a che fare con una persona ambigua, si deve stare molto attenti perchè, in un modo o in un altro, riuscirà a farti del male.
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38- |
“Lu létte è fatte de rose se ‘nge se dorme ce se arepose”. |
Il letto è fatto di rose, se non ci si dorme ci si riposa. |
Lo sdraiarsi su di un letto è stato considerato da sempre piacevole e riposante. Odia il letto soltanto chi sta male e ci deve stare per forza. Perciò, in una situazione normale, sul letto si riposa volentieri.
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39- |
“Lu levande è la spose de Hatre”. |
La nebbia è la sposa di Atri. |
E’ a tutti noto che, spesso, la nebbia avvolge nelle sue spire la collina atriana, di qui l’origine del modo di dire. Non mi risulta facile però spiegare come ciò avvenga perchè, stando Atri su di una collina, le correnti d’aria dovrebbero spazzar via la nebbia.
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40- |
“Lu rése passò Vumane e ‘nze arefreddò”. |
Il riso passò il (fiume) Vomano e non si raffreddò. |
Oltre che per indicare il significato specifico, e cioè che il riso appena cotto stenta a raffreddarsi, il detto è usato quando si vorrebbe che le cose si risolvessero con maggiore celerità.
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41- |
“Lu sacche sbudde ‘nze manté”. |
Il sacco vuoto non si regge in piedi. |
Questo detto sta ad indicare che, se non ci si nutre a sufficienza, non si riesce a realizzare quanto si desidera.
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42- |
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Il vino è il latte dei vecchi. |
Il vino è molto ben gradito a molti, ma specialmente a quelli che hanno una certa età. C’è chi dice che fa male, c’è chi dice che fa bene, alle persone anziane però, se bevuto con parsimonia, il vino da un sostegno anche morale.
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43- |
“Magge se ne passe tra féste e male timbe”. |
Maggio se ne passa tra feste e tempi cattivi. |
Il mese di maggio è il mese delle feste per eccellenza: vi capitano quasi tutte le feste del dopo Pasqua e, da noi, molte feste paesane: il Crocifisso, S.Martino, S.Rita. E’ risaputo poi che a maggio piove spesso, con la gioia dei contadini che scorgono l’esuberanza della campagna. Il detto perciò è fatto su misura.
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44- |
“Magne a struzze e ‘nghelétte”. |
Mangia con voracità. |
La frase non è traducibile in italiano, come del resto avviene per tante espressioni dialettali che, in modo molto conciso, trasmettono un’idea originale. Il modo di dire si usava quando si aveva a che fare con un individuo che mangiava con tanta voracità da rasentare il soffocamento.
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45- |
“Manghe li chijne!” |
Neanche ai cani. |
Anche se breve, è molto espressivo. Quando si racconta di qualche brutto incidente che ha provocato guai seri, o di qualcuno che è affetto da qualche brutta malattia, si è soliti esprimersi in tal modo. Certe brutte cose non colpiscano neanche le bestie!
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46- |
“More a pezzechìte de velocche”. |
Muore a pizzicate di chioccia. |
Non soltanto le galline, ma anche tutti i passeracei beccano ripetutamente per ingerire delle piccole quantità di cibo. Il detto, allora, si usava per significare che una persona soffriva per continui, ripetuti piccoli guai, o per dolori che, pur non insopportabili, non cessavano di dare fastidio.
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47- |
“N‘andru palme che crèsce arrève a coije li cèce ‘nghe la canne”. |
Se cresci un altro palmo riuscirai a raccogliere i ceci con la canna. |
Detto molto sprezzante per una persona di bassa statura. E' risaputo che i ceci crescono in un arbusto basso che, addirittura, si affloscia sul terreno. Se uno ha bisogno della canna per cogliere i ceci, vuol dire proprio che è molto basso di statura!
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48- |
“Ogge è Sant'Amèche, se ha aperte tutte li pendèche”. |
Oggi è S. Amico, si sono aperte tutte le botteghe. |
Si usava dire dello smemorato che, andando al bagno, dimenticava di chiudere la chiusura dei pantaloni. Si usava scherzare constatando questo incidente.
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49- |
“Ogne case té nu pênge rêtte”. |
Ogni casa ha una tegola rotta. |
Purtroppo non sono molte le famiglie in cui tutto procede alla perfezione, quando meno te l’aspetti ti capita di avere qualche sorpresa. Non giova neanche sempre l’educazione dei genitori perchè, qualche volta, da famiglie ineccepibili viene fuori una pecora nera.
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50- |
“Panza satêlle, daije repose”. |
Dà riposo allo stomaco sazio. |
Sembra la traduzione popolare della massima della Scuola Salernitana “Post prandium, aut stabis, aut lente ambulabis...dopo il pranzo, o starai fermo, o passeggerai lentamente”. Se non si vogliono avere disturbi, dopo pranzo, non bisogna affaticarsi.
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51- |
“Parapatte e pace”. |
E’ un patto di pace. |
Questa espressione si era soliti pronunciarla quando si restituiva qualcosa che si era ottenuta in prestito. Serviva ad indicare che non vi erano più debiti e pendenze.
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52- |
“Pare la fabbreche de Sanda Marèije”. |
Sembra la fabbrica di Santa Maria. |
E’ chiara l’allusione alla Cattedrale di Atri, Chiesa molto grande. Quando un edificio è di così grande mole non si finisce mai di completarlo interamente. Senza dire poi che bisogna correre ai ripari perché spesso succedono dei guasti che bisogna riparare con sollecitudine.
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53- |
“Parte, senza parte e parte”. |
Parte, senza parte e parte. |
E’ una frase balorda che, così come si presenta, non ha alcun significato. Quando si andava insieme, in due o più ragazzi, se si trovava qualcosa per terra, era costume che si dividesse in parti uguali .La divisione però non avveniva se, colui che aveva visto per primo l’oggetto, pronunciava la frase fatidica.
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54- |
“Passe huije cà vé dumane”. |
Passi oggi che verrà domani. |
Si usava dire questo detto quando si auspicava che passasse presto la giornata in corso, forse non troppo fortunata, con la speranza che arrivasse presto il domani più felice.
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55- |
“Pè la féste de Santa Areparate tutte li lève se ha maturate”. |
Per la festa di Santa Reparata tutte le olive sono mature. |
Il detto ha lo scopo di segnalare soltanto il fatto. C’è da dire però che la festa di S.Reparata viene celebrata in primavera e in autunno, è evidente perciò che la festa di che trattasi è quella che si celebra in autunno e che veniva chiamata “Sant’Arparate de venegne”.
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56- |
“Quande la léne té lu lache, piove”. |
Quando la luna ha il lago piove. |
Il lago sarebbe l’alone che, qualche volta, la luna ha intorno. Secondo gli antichi, questo particolare era il segnale di una perturbazione atmosferica in arrivo. In realtà i nostri padri osservavano la natura più di noi e riuscivano a prevedere eventi che a noi, purtroppo, sfuggono.
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57- |
“Robba truvate nen è ‘rrubbate, se arehésce lu patrêne ce vò lu regale”. |
Roba trovata non è rubata, se si trova il padrone ci vuole il regalo. |
E’ vivo convincimento nel popolo che chi trova qualsiasi cosa se ne appropri. Se poi si trova il proprietario, costui deve ricompensare in qualche modo colui che ha trovato la cosa smarrita.
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58- |
“Se ha culate la campane”. |
La campana si è fusa. |
Questo modo di dire si usa quando si è impiegato molto tempo per risolvere un problema e finalmente si arriva alla soluzione.
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59- |
“Spare e fa bon gioche”. |
Spara e fa buon gioco. |
Ai tempi della mia fanciullezza ci si divertiva nei modi più impensati. Non avendo a disposizione le bocce, che costavano caro, ci si arrangiava servendosi di pezzi di mattone o di pietre vive schiacciate. Il gioco consisteva nell’avvicinarsi il più possibile ad una pietra che fungeva da pallino. Molte volte, per fare il punto, bisognava allontanare con forza il mattone del compagno che si era avvicinato di più, di qui la frase. Per fare un buon gioco bisognava sparare al pezzo di mattone più vicino.
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60- |
“Te fa male lu vrote grasse”. |
Ti fa male il brodo grasso. |
Quando uno è dotato di beni economici, per lo meno sufficienti, e si lamenta perchè non ce la fa a campare, oppure si trova in una situazione di serenità e tranquillità eppure non è contento, si è soliti redarguirlo dicendogli: ti fa male la troppa abbondanza.
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61- |
“Troppa grazie Sant'Andonie”. |
Troppa grazia Sant'Antonio. |
Il detto è derivato da un fatto presumibile. Si racconta che un tizio che non riusciva a montare a cavallo si rivolge a S. Antonio perchè lo aiutasse. Dopo l'invocazione al Santo rifece il tentativo e, questa volta, il salto fu tanto grande da passare, addirittura, dall'altra parte, di qui il detto. S. Antonio aveva un pò esagerato nell'esaudirlo.
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62- |
“Vattele a piìj’ ‘n zaccocce”. |
Vattela a prendere in saccoccia. |
Quando si voleva prendere in giro qualcuno o lo si voleva mandare a quel paese affermando di non aver nulla da dare e l’altro nulla da pretendere, si usava questa espressione invitando l’interlocutore a fare qualche sopralluogo in tasca.
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63- |
“Vicchije e frastire sà vante”. |
Vecchi e forestieri si vantano. |
I vecchi raccontano avventure e successi che, data la lontananza nel tempo, possono essere ampliati e non è facile controllare, i forestieri, poi, possono inventare quello che vogliono, tanto nessuno può sapere quello che hanno combinato altrove.
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